Storia di Celano dalle origini al 1227

Castello Piccolomini, disegno di Lear

Celano, centro importante della Marsica, «caput Marsorum» durante il Medioevo, ha avuto origini antichissime al pari degli altri grandi centri marsicani.
Varie sono le ipotesi riguardanti il primo insediamento della città1, rimane certo però che fin dai tempi antichi Celano occupava la riva nord del lago Fucino; per la prima volta il paese viene nominato da Tito Livio nel libro XXXVIII della L Deca della sua storia di Roma: «...est enim in Marsis Coelanum oppidum».
Tra il V e il IV sec. a.C. Celano era sicuramente un « vicus» con relativo «oppidum», infatti nel suddetto periodo nasce la maggior parte degli «oppida» marsi, quando il pericolo di assedi o di invasioni è rappresentato dalle popolazioni vicine e Roma è ancora lontana. A quel tempo Celano, come tutti i paesi rivieraschi, per mancanza di terre dovuta alla presenza del lago, aveva un'economia pastorale che si esauriva nella transumanza interna; solo più tardi con la lega Sabellica   (343 a.C.), i Marsi ebbero garantiti i pascoli estivi dell'Appennino e invernali nella costa adriatica e frentana.
Nel 304 a.C. i Marsi, insieme ad altri popoli, formarono un'unione di tipo federale che aveva come fine il collegamento dei pascoli tra gli associati. A questa lega, sempre nel 304 a.C., Roma concesse il «foedus» determinando così il definitivo ingresso dei Marsi nell'orbita romana. Tale data fu importante poichè Alba Fucense divenne in questo periodo colonia romana e fu Celano a divenire capoluogo dei Marsi Fucentes2.Castello Piccolomini, porta di ingresso
Il III secolo a.C. vede la nascita delle prime vie erbose, le «autostrade della transumanza»3:i tratturi Aquila-Foggia, Pescasseroli-Candela, Celano-Foggia che acquistarono massima importanza durante l'epoca imperiale. La nascita dei tratturi portò di conseguenza ad una politica di salvaguardia di tali itinerari pastorali mediante la costruzione di castelli o più semplicemente di torri.
Perché Celano diventi «caput Marsorum» bisognerà attendere il tramonto dell'impero romano d'occidente quando le invasioni barbariche, per le frequenti scorrerie e saccheggi, determinarono la decadenza di Alba Fucense.
Furono proprio le invasioni barbariche e i frequenti straripamenti del lago4 a determinare l'abbandono del primitivo insediamento celanese e l'arroccarsi del paese sul monte Tino nel V-VI sec. d.C. Tale località fu scelta per la sua posizione strategica che garantiva sicurezza alle popolazioni contro le aggressioni dei nemici e le insidie del lago.
Nel VI sec. d.C. l'Italia passò in mano ai Longobardi, il re Alboino divise le terre conquistate in feudi a cui diede il nome di ducati, questi furono divisi in feudi minori: gastaldíe - sculdascíe e centenariati. La Marsica, al tempo del duca Faroaldo, divenne una gastaldía alle dipendenze del ducato di Spoleto. In tale periodo sede vescovile della Marsica era Marruvium, fatto che generò sempre discordia con Celano che, importante centro economico e politico della Marsica, cercò sempre di affermare la propria autonomia religiosa.
Nel 774 i Franchi subentrarono ai Longobardi determinando la rinascita economica della contea. In questo momento la storia di Celano si identifica con quella della Marsica in quanto «caput Marsorum», molto spesso esso verrà scelto come residenza dei conti marsicani.
Nell'819 l'imperatore Ludovico I elevò a titolo di conti i gastaldi di tutta la provincia Valeria, si creò così nell'850 la Contea dei Marsi con a capo Celano. Il primo conte fu Gerardo, ad esso nell'890 seguì Doda (secondo le leggi franche che ammettevano anche le donne nel diritto di successione) che nel 910 sposò Lindano, nipote di Carlo Magno; da questo matrimonio nacque Berardo 1 detto il « Franciscus» conte dei Marsi e capostipite della famiglia Berardi. La Marsica entrò a far parte dei possedimenti dei Berardi con effetti positivi sia economici che sociali soprattutto per Celano che divenne la sede della famiglia.
In epoca normanna si accrebbe l'importanza di Celano e di Alba Fucense direttamente coinvolte e presenti nella vita del lago Fucino; va detto, a questo proposito, che da quel momento troveremo il Fucino contraddistinto spesso come lago di Celano, denominazione questa comprovante l'aumentato prestigio celanese e lo stretto rapporto tra la città ed il lago. Sotto la dominazione normanna Celano ebbe un incremento demografico poiché accordi vantaggiosi furono stipulati fra re Ruggero e i conti locali con aumenti di territorio; in base ai soldati forniti si può ipotizzare che Celano contasse a quel tempo 1500 abitanti, una popolazione maggiore quindi di tutti gli altri paesi della Marsica. Il conte Rainaldo aveva in proprietà: Celano, Foce. Pescina, Agello, Venere, Vico dei Marsi, Sicco in Balba, Ascolo ed Ortona; egli aveva inoltre come feudi soggetti a servizio militare S. Sebastiano dei Marsi, Cocullo, Secinaro, Goriano e Molina in Balba. All'espansione territoriale fece riscontro un'autonomia ecclesiale raggiunta da Celano intorno al 1170 con il trasferimento provvisorio della diocesi dei Marsi da Marruvium a Pescina, paese sotto la sua influenza.
Il momento di massimo splendore il paese lo raggiunse sotto il conte Pietro, questi dopo aver riunito nel 1198 le contee di Albe e Celano tentò di ampliare i suoi domini oltre l'Abruzzo con lo scopo di creare un forte stato cuscinetto tra il nord ed il sud. Con l'avvento degli Svevi la situazione politica   della contea celanese subì un radicale mutamento. Il conte Pietro, in un primo momento avverso agli Svevi, era passato dalla parte di Federico II posto sotto la protezione del Papa Innocenzo III.
Castello Piccolomini, cortileQuando però nel 1210 Ottone IV di Brunswich, incoronato imperatore, scese in Italia per rivendicare il possesso del regno di Sicilia contro Federico II, Pietro si schierò dalla parte di Ottone, ottenendo da lui la Marca di Ancona e la carica di capitano e maestro giustiziere del regno. Per il suo tradimento il conte Pietro fu destituito, a lui successe Tommaso6conte di Albe e di Celano e conte del Molise per aver sposato Giuditta ultima erede di quel feudo. Tommaso continuò la politica del conte Pietro favorendo l'incremento dell'armentizia attraverso le nuove vie aperte dall'espansione territoriale in atto, ciò in contrasto con la politica perseguita da Federico II favorevole allo sviluppo dell'agricoltura.
Il programma politico di Federico II era quello di imporre la sovranità imperiale alle varie città, molti furono i comuni che si ribellarono tra i quali Celano. Il conte Tommaso, deciso a continuare la politica d'indipendenza locale avviata dal suo predecessore, approfittando della partenza di Federico II per la Germania, si ribellò mettendo in fuga le truppe imperiali in diverse parti della propria contea. L'imperatore, che temeva la presenza di questa vasta e forte contea in posizione strategica di controllo sulle vie di comunicazione tra l'Italia centrale e meridionale, nel 1223 si recò di persona a Celano assediandolo.
Il conte Tommaso, che si trovava nella rocca molisana di Roccamandolfi, seguendo i tratturi del Macerone e poi quello di Pescasseroli, si portò ad Ovindoli donde discese per liberare gli assediati nella torre di Celano. Sopraffatti dalle truppe imperiali, Tommaso fuggì a Roma, gli abitanti furono costretti ad abbandonare le proprie case, il paese ed il castello furono incendiati e distrutti; restò indenne solo la chiesa di S. Giovanni Evangelista, oggi S. Maria delle Grazie.
Il conte, venuto a patti con l'imperatore, ebbe la conferma della contea di Celano ma dovette rinunciare ad Ovindoli, a S. Potito, alle fortificazioni di Celano, a quelle della Torre e della Serra, con lo smantellamento di tutto l'apparato militare della contea.
I celanesi furono esiliati in Sicilia, Calabria e Malta e lì resteranno fino al 1227. Nel luglio di quell'anno Federico II, per intercessione del Papa Onorio III, permise ai celanesi di tornare in patria; il nuovo paese sorse ai piedi del monte Tino e per ordine di Federico Il si chiamò Cesarea7, nome conservato fino alla morte dell'imperatore (1250) quando il Conte Ruggerone Berardi ridiede alla città il suo antico nome. In pochi anni venne ricostruito un nuovo borgo con la rocca e la cinta muraria, molti degli abitanti e delle borgate vicino a Celano abbandonarono le loro abitazioni per riunirsi al nuovo centro8.


1Il Di Pietro (Agglomerazioni attuali delle popolazioni della diocesi dei Marsi, Avezzano 1896, pag. 84) sostiene che il duce Marsia dopo aver regnato nella Lidia, venuto in Italia, si stabilì nella Marsica dividendo le terre conquistate tra i suoi seguaci provenienti dall'Asia Minore; il territorio di Celano fu assegnato al popolo dei Frigi che sul monte Tino avrebbero edificato l'antico castello: questo dalla città di Celene, lasciata in Asia, si chiamò Celano o Coelanum. Il Corsignani (Reggia Marsicana, Napoli 1738, pag. 457-8) fa risalire l'origine di Celano al tempo dei popoli italici e lo colloca sulle rovine dell'antica Cliternum, interpretando erratamente un passo di Tito Livio. Il nome effettivo dell'antica Celano è attestato quale «fundus» da frammenti epigrafici rinvenuti nel territorio di S. Benedetto dei Marsi. Una di queste iscrizioni riporta il nome di Celano chiaramente visibile oltre a quello di Aielli: « Aurunc (ul) eia L(... ) (fundi?) Caelani Agellan (i). Urvi (u) s. Aprusc (o?..) (L. LETTA, Notizie varie sulla Marsica, Celano e il Fucino, L'Aquila 1980 pag. 52-3).

2Secondo Plinio il Vecchio i Marsi si suddividevano in 5 gruppi: gli Anxantines, gli Antinates, i Lucentes, i Marruvii, i Fucentes oltre al gruppo dei Marsi Albensi.

3La definizione è di Lidio Gasperini nello scritto «Sedi umane e strade in Abruzzo nell'età romana», estratto da «Studi geografici sull'Abruzzo in via di sviluppo» (pubbl. n. 17 dell'Istituto di geografia dell'Università di Pisa, 1970).

4Ludovico Muratori ricorda che nell'anno 589, durante il regno di Autari, ci fu una serie di terribili alluvioni; proprio in quell'occasione il Fucino ebbe una crescita smisurata di acque a quanto sembra mai verificatasi e tale da provocare danni alle città e ai vari centri rivieraschi (L. GATTO. Terre e vicende del Fucino in età medioevale in Fucino cento anni 1877-1977, pag. 218).

5A capo della gastaldía (longobardo gastald) era il gastaldo dipendente direttamente dai re, egli rimaneva in carica temporaneamente e aveva funzioni civili, militari e giurisdizionali. Ai centenariati (centena-gruppo di 100 famiglie) erano preposti i centenari, essi avevano poteri limitati in campo d'amministrazione e di soluzione dei conflitti nell'ambito di materie che non fossero espressamente competenti di altri organi. Alle sculdascíe (longobardo skuldhaizo) erano preposti gli sculdasci, ufficiali longobardi che rendevano giustizia nei giudizi minori, derivando il loro potere dal re ma dipendendo dal gastaldo regio.

6Il Colapietra (Profilo storico di Celano medioevale S.T.I, 1978, pag. 14), sostiene che Tommaso fosse il figlio del conte Pietro; il Febonio lo ritiene fratello di Innocenzo III; il Gattinara (Storia di Tagliacozzo 1984, pag. 54) lo ritiene fratello del Papa Onorio III.

7Secondo E. Cerasani (Marruvium e S. Sabina 1968, pag. 111) Cesarea deriva da caesa = distrutta; rea - colpevole. Secondo L. Gatto (op. cit. pag. 224) Cesarea da Caesar in onore dell'imperatore Federico II.

8Si unirono al nuovo Celano il paese di S. Vittorino, il villaggio di Conabarbetta, il paese di Porciano e il villaggio di Pensula.